Riapre Palazzo Bonacossi

Scritto da  Anna Maria Visser Travagli

la Loggia del Cenacolo negli anni Trenta.Dopo cinquant'anni di abbandono, un prestigioso monumento cittadino viene restituito ai ferraresi, dopo un imponente restauro.

Fu in conseguenza del bombardamento del 28 gennaio del 1944 che il nobile palazzo dei conti Bonacossi venne occupato dalle famiglie dei senza tetto. Le sale e i saloni furono suddivisi e tramezzati per ricavare il maggior numero possibile di appartamenti: così, nei muri furono scalpellate le canne fumarie; nei pavimenti, gli scarichi dei secchiai e delle latrine; piastrellature e tinteggiature di fortuna andarono a sostituire le decorazioni barocche e neoclassiche a tempera e a stucco; e le magnifiche porte secentesche delle sale, le cassapanche e gli arredi dell'atrio furono ridotti in legna da ardere, come ricorda Carla Ticchioni che, da bambina, aveva abitato nel palazzo.

 

Quando il Comune, proprietario dell'edificio, riuscì a dare una casa agli sfollati, il palazzo, dichiarato pericolante, fu chiuso per molti anni. La devastazione e la rapina hanno deturpato e impoverito la nobile costruzione: non rimane traccia dei camini in marmo, delle sculture e della vera da pozzo scolpita, che era al centro del cortile interno; mentre le decorazioni delle pareti delle sale al primo piano sono pressoché sparite; restano in buono stato di conservazione lo scalone d'onore e le sale al secondo piano dell'ala orientale.

Il restauro, previsto e finanziato nell'ambito del "Progetto Mura" (FIO, 1987), ha recuperato con grande sforzo quanto rimaneva dell'antico splendore e sta per restituire alla città un importante e prestigioso monumento, rimasto praticamente nascosto per più di cinquant'anni.


Un cortile interno, occupato da famiglie di sfollati nel dopoguerra.Il palazzo fu costruito nel 1469 per Diotisalvi Neroni, un fuoriuscito fiorentino protetto da Borso d'Este: uomo di grande autorità e reputatissimo, come tramanda Niccolò Machiavelli, fu uno degli animatori della fallita congiura contro Piero de' Medici e costretto all'esilio. Di lui esiste un busto-ritratto in marmo eseguito da Mino da Fiesole, conservato presso il museo del Louvre, a Parigi. Borso d'Este, in coerenza con la sua politica antimedicea, accolse a Ferrara anche i Tibertelli De Pisis e gli Strozzi, oltre ai Neroni, le cui residenze furono collocate lungo la via di San Francesco (attuali vie Savonarola e Cisterna del Follo), poco oltre il palazzo estense, poi chiamato di Renata di Francia.


Era, questo, un asse di espansione della città, in una zona ancora ricca di giardini e di orti fra le vecchie mura medievali lungo la Giovecca, a nord, e il quartiere di Santa Maria in Vado, a sud, dove Borso aveva valorizzato la delizia di Schifanoia con la costruzione del suo appartamento ducale, arricchito da fastose decorazioni interne.

Questi interventi architettonici, infatti, si inseriscono in un preciso disegno urbanistico di razionalizzazione rinascimentale, con l'apertura e definizione di una serie di assi viari diritti e paralleli all'estremità orientale di Ferrara, che vedono cadenzate le vie Cisterna del Follo, Scandiana, Carlo Mayr e XX Settembre, perno dell'Addizione di Borso.
Il palazzo, semplice e austero, presenta una torre merlata centrale; le due ali sopraelevate ai lati sono posteriori, come le grandi finestre rettangolari della facciata; originario è, invece, il semplice, ma raffinato portale in cotto.


La facciata di Palazzo Bonaccossi su via Cisterna del Follo.Il primo significativo ampliamento del palazzo sembra sia da attribuire a Gurone d'Este che, dopo il 1533, ne diventò proprietario. A lui viene attribuita da Gualtiero Medri (La Palazzina di Marfisa d'Este, 1938, pp. 26-27) la creazione del cortile interno, di austera semplicità classica, forse realizzato dall'architetto Gerolamo da Carpi, che costituisce la caratteristica principale e qualificante dell'intero monumento, con la serie di porte e finestre aperte sui quattro lati, in collegamento con il giardino retrostante.
Ma l'aspetto che ancora si è conservato dell'edificio, risale a Francesco I d'Este, che lo acquistò nel 1572, per unirlo alla Palazzina fatta costruire lungo la via della Giovecca, circa vent'anni prima, per le amatissime figlie Marfisa e Bradamante.


Con i suoi interventi, la costruzione dei loggiati del cortile e della Loggia del Cenacolo verso la residenza di Marfisa, il palazzo venne ad assumere diverso significato e funzione, con un assetto moderno, mirabilmente organizzato con sapiente regia scenografica.

Infatti, come sottolineano Loredana Olivato e Giuseppe Barbieri (La Palazzina di Francesco d'Este. Quattro secoli di vicende edilizie, Ferrara, Corbo ed., 1996 pp. 25-68), Francesco d'Este, già proprietario della fastosa dimora di Schifanoia, aveva concepito un vero e proprio "sistema" residenziale urbano, occupando due isolati contigui e simmetrici nella maglia ortogonale del reticolo viario della città.

In primo luogo, intendeva rafforzare la dislocazione, fino a quel momento piuttosto marginale, di Palazzo Schifanoia, duplicando con una nuova "delizia", la cosiddetta Palazzina di Marfisa d'Este, i fulcri dell'incremento della città in questo settore, con una costruzione congrua e coerente con la tradizione estense, caratterizzata dalla predilezione per le residenze ludiche e di svago.


Angusto Pagliarini, Veduta della piazza di Ferrara con il Volto del Cavallo."All'organicità del programma contribuiva, nel 1572, l'acquisto dell'antico palazzo Neroni, ch'era ormai divenuto una sorta di cesura tra i due pressoché simmetrici insediamenti e che si trasformava viceversa, così, IN un'ideale cerniera" (Olivato - Barbieri, 1996, p. 29). Infatti, fu creato uno straordinario cannocchiale prospettico che dal portale di Palazzo Neroni su via Cisterna del Follo, attraverso l'ingresso, l'atrio monumentale, il cortile interno enfatizzato lungo questa direttrice dal nuovo loggiato, la Loggia del Cenacolo, il boschetto e il giardino di Marfisa, traguardava la Palazzina attraverso la Loggetta dei Ritratti e il Salone d'onore, fino al portale marmoreo della costruzione, su corso Giovecca.

Un complesso straordinario, unico per Ferrara, esemplato sui canoni delle più pure realizzazioni architettoniche cinquecentesche - basti pensare a Palazzo Te, a Mantova - che, purtroppo, oggi, non è più possibile percepire per l'inserimento incongruo, negli anni Trenta, del Tennis Club Marfisa, collocato nell'area del boschetto, che occupa la Loggia del Cenacolo e ha occluso la porta e le finestre di comunicazione con il nobile cortile di Palazzo Neroni, che neppure l'attuale restauro ha potuto riaprire.


Uno scorcio dello scalone d'onore, con l'affresco del PagliariniAnche per la Loggia del Cenacolo, strategica in questo disegno prospettico, viene avanzata dal Medri l'attribuzione a un importante architetto ferrarese, Alberto Schiatti.

Nel 1643, il palazzo fu acquistato dei conti Bonacossi, che detennero la proprietà dell'edificio per più di due secoli e mezzo. A loro si deve l'apertura delle finestre attuali e l'inserimento dei balconi, oltre alle decorazioni interne in stucco, di epoca barocca e neoclassica, fra le più raffinate e leggiadre che si conservino nella città.

Nel 1911, il Comune acquistò il palazzo dalla famiglia Bonacossi per farne la sede dei Lancieri d'Aosta, di cui restano ancora nell'atrio orientale le insegne con le spade incrociate, pochi anni dopo la costruzione, in via Cisterna del Follo, della grande caserma Pozzuolo del Friuli, che aveva occupato il giardino di Palazzo Schifanoia e l'area del convento di San Vito.
Nel 1912 furono fatti dei restauri all'edificio e il comandante Carlo Borsanelli di Riffreddi affidò la direzione artistica dei lavori a Giuseppe Agnelli, allora direttore della Biblioteca Ariostea e presidente dell'associazione per la tutela dei monumenti Ferrariae Decus.


La fuga delle sale del piano superiore, con le decorazioni a stucco. Agnelli, che già aveva avviato una serie di recuperi nella Palazzina di Marfisa d'Este, si avvalse del pittore restauratore Augusto Pagliarini, sensibile interprete dello spirito del tempo, che con rifacimenti, ripristini e invenzioni ha "ricucito" l'apparato decorativo del palazzo, come si richiedeva allora agli interventi di restauro. Suo è il fregio collocato nell'ingresso principale, sotto il soffitto ligneo di epoca estense, ma sua, soprattutto, è la prospettiva di piazza con il Volto del Cavallo, su una parete dello scalone d'onore. Curiosamente il Pagliarini dipinse anche la statua equestre di Niccolò d'Este, che allora non esisteva e che fu ripristinata con una copia d'invenzione moderna solo negli anni Trenta, prefigurando così un assetto della piazza allora solo auspicato.

L'attuale progetto di restauro di Palazzo Bonacossi, firmato dall'architetto Romeo Ballardini, ora scomparso, è stato presentato nel 1987, nell'ambito del "Progetto Mura", e ha cercato di interpretare "modernamente" l'antica configurazione dei giardini storici del sistema Schifanoia Bonacossi Marfisa. Ripristinando, nei limiti consentiti dall'evoluzione successiva della città, gli spazi verdi e i percorsi di collegamento, ha saputo interpretare le nuove vocazioni funzionali degli edifici, dando omogeneità di destinazione d'uso a tutto il comparto.


Una scena mitologica neoclassica in stucco nella sovraporta di una sala del piano superiore.Infatti, Palazzo Bonacossi, affidato alla Direzione dei Musei Civici di Arte Antica, viene destinato all'ampliamento espositivo e ai servizi museali aperti al pubblico, come la fototeca, la biblioteca speciale di archeologia e arte, il gabinetto disegni e stampe, mentre Palazzo Schifanoia viene interamente destinato a esporre le raccolte storiche del Museo Civico e la Palazzina di Marfisa mantiene l'assetto storicistico conferitole dal restauro del 1938.  Palazzo Bonacossi diventerà il museo di Ferrara, dove, accanto a una sorta di grande "centro di documentazione" costituito dai servizi al pubblico ora ricordati, si affiancherà l'esposizione di reperti, manufatti, documenti, opere, che le acquisizioni e le ricerche più recenti hanno fatto pervenire al museo, così da organizzare un percorso che permetta di ricostruire la storia urbana nelle sue fasi salienti e nelle sue testimonianze più significative.


Particolare di una decorazione a stucco e tempera dal soffitto di una sala del piano superiore.Si avvia, dunque, uno straordinario programma di lavoro in cui, ormai conclusi i lavori di restauro, devono essere completati i progetti museologia e museografia e i progetti di gestione di una struttura che assumerà grande rilievo nella vita della città e la cui apertura al pubblico è imminente. Restano due nodi da sciogliere: l'area utilizzata del Tennis Club Marfisa, che occupa gran parte dell'antico giardino fra Palazzo Bonacossi e la Palazzina di Marfisa, che, di fatto, interrompe il percorso del "Progetto Mura", e l'enorme area dell'ex-caserma Pozzuolo del Friuli.

 

L'area demaniale è in via di dismissione e offre un'occasione storica per prefigurare la collocazione ottimale di ulteriori servizi museali e di accoglienza dei visitatori e dei turisti, anche in funzione degli altri musei che gravitano in questo settore della città (Museo di Casa Romei, Museo Archeologico di Spina, Museo dell'Architettura).

Palazzo Bonacossi può riacquistare il ruolo di "cerniera" che ha avuto ai tempi di Francesco d'Este, non solo per la funzione urbana e l'assetto architettonico, ma anche per la nuova funzione museologica e museografica; il restauro ora è completato e il palazzo va riempito di contenuti.