Sulla scena del dramma

Scritto da  Giuliana Marcolini

Bastianino, Giudizio Universale, Ferrara, Duomo.Il "Giudizio Universale" di Bastianino nella Cattedrale di Ferrara.

A distanza di più di quattro secoli dalla sua nascita, torna di nuovo alla luce il Giudizio Universale, l'affresco dipinto dal Bastianino nel catino absidale del Duomo di Ferrara. È, infatti, di questi giorni la minuziosa operazione di restauro di quell'opera in cui, a detta di Francesco Arcangeli, l'artista ferrarese "spiega l'ala del suo genio".
L'operazione, patrocinata dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Ferrara e affidata alle esperte mani di Ottorino Nonfarmale, riporta finalmente il grandioso affresco alle bellezza e alla potenza di rappresentazione originarie.

Il Bastianino ricevette la commissione per la decorazione del catino del Duomo nel 1577 e, dopo tre anni di lavoro, portava a termine un'impresa che il Baruffaldi - nelle sue Vite de' pittori e scultori ferraresi - non esitò a definire "terribile lavoro, non tanto per ciò che dimostra, quanto pel modo con cui è colorito carico e fiero, e che non teme di smarrirsi per numero di secoli".

 


In effetti, il dipinto, che pure aveva dovuto sopportare sommarie e poco attente spolverature con scope che lo graffiavano, fumo di candele e d'incenso che lo annerivano, acqua che lo bagnava, infiltrandosi fra le crepe della volta dell'abside, e mani più o meno inesperte che tentavano di ripulirlo, giunse a metà dell'Ottocento in condizioni non brillanti, ma certo non così disastrose come alcuni lamentavano.
Gregorio Boari, cui nel 1852 era toccato l'incarico di quello che fu il primo vero restauro dell'affresco, assicurava, infatti, che al momento del sopralluogo "la maggiore e miglior parte del dipinto è intatta, o quasi intatta, avuto riguardo alla non breve scorsa età di quasi tre secoli. Le espressioni de' nostri storici: 'tutto scorticato, tutto rovinato, ecc.' mi sembrano esagerate ed anche false".

 

Bastianino, Giudizio Universale, dettaglio con Gesù Cristo, Maria Vergine e gli Apostoli, Ferrara, Duomo.Contemporaneamente al restauro del Giudizio venne effettuato, dagli artisti Tellini e Pagliarini, quello delle cosiddette 'candegliere o pilastrate', ossia le grandi decorazioni in stucco dorato che ricoprono tutte le pareti del coro collocato nell'abside, sotto il catino affrescato. A metà Ottocento, quindi, il complesso, costituito dal catino e dalle pareti del coro, poteva venire ammirato così come era apparso per la prima volta nel 1584, al momento della rimozione delle impalcature che erano servite per la decorazione del coro, effettuata dagli stuccatori Rossi e Monferrati.

Dopo il restauro del Boari, l'affresco è rimasto in balia degli eventi, non sempre favorevoli. Buon ultimo, il bombardamento del 28 novembre 1944, durante l'ultimo conflitto mondiale, che distrusse la sacrestia del Duomo arrecando non pochi danni all'abside stessa.
Fu solo nel 1957 che, a seguito di un'azione congiunta di sensibilizzazione portata avanti dalla Curia Arcivescovile e da Ferrariae Decus, si potè commissionare un nuovo restauro per il Giudizio. Questo, finanziariamente, fu reso possibile da uno specifico stanziamento da parte dello Stato, stabilito nell'ambito delle attività di celebrazione del centenario di Biagio Rossetti, l'architetto, artefice del rinnovamento urbanistico ferrarese fra Quattrocento e Cinquecento, che aveva ricostruito ed ampliato l'abside del Duomo stesso.

Guido Gregoretti, cui venne affidato l'incarico del restauro, svolse essenzialmente un lavoro di ripulitura e di riempimento di crepe e lacune nell'intonaco, lavoro che, però, non ha retto all'azione del tempo.
E ora, nel 2000, grazie all'intervento operato da Ottorino Nonfarmale, possiamo nuovamente apprezzare il grande affresco del Duomo in tutta la sua potenza rappresentativa.

 

Bastianino, Giudizio Universale, Ferrara, Duomo: San Sebastiano, il pittore e la sua donna.Il tema del Giudizio finale non era certo nuovo nel panorama della rappresentazione artistica di soggetti religiosi. E all'epoca in cui il Bastianino dipinse la sua versione, era già apparsa quella datane da Michelangelo. L'influenza del grande toscano fu certo importante per la realizzazione del Giudizio del nostro ferrarese; a questo proposito il Baruffaldi, nelle sue Vite, scriveva: "Ma egli [il Bastianino] principalmente studiò di far uso del buon nudo IN quelle tante e numerose figure sul gusto e sui disegni di Michelangelo portati da Roma [...] dal che poi è nata l'opinione che sia questo [il Giudizio Universale], se non un'opera del gran fiorentino, al certo una copia d'un valoroso scolare".

Ma, al di là dei commenti e delle analisi di stile, vogliamo qui guardare all'opera del Bastianino con un altro occhio; si tratta dell'occhio dello spettatore della rappresentazione di un dramma teatrale effettuata attraverso le immagini costruite dal pennello di un regista-pittore. Ed è attraverso la Descrizione del maestoso affresco di Sebastiano Filippi ferrarese, redatta da Gregorio Boari, a memoria del suo lavoro di restauro del 1852, che cercheremo di ricostruire il copione con cui il regista Bastianino mise in scena la sua trasposizione pittorica del dramma: Il Giudizio Universale.

Al termine dei giorni concessi da Dio all'umanità, "il Figliuol dell'uomo" verrà "su una nuvola con potenza e grande gloria" (Luca 21, 27) "con tutti gli angeli" (Matteo 25, 31) e assegnerà a ciascuno di noi un luogo nel quale trascorre la vita eterna. Sarà un posto pervaso di eterna gioia o di eterna dannazione; questo dipenderà da come avremo vissuto la nostra vita terrena.

 

Bastianino, Giudizio Universale, Ferrara, Duomo: San Lorenzo, l'avvenente vergine, San Romano e l'usuraio.Questa è, in sintesi, la trama-base del dramma del giudizio finale. Sostanzialmente, durante il giudizio, avvengono tre fatti, che il Boari nella sua Descrizione chiama "azioni".  Il primo fatto, o prima "azione", causa e motore delle altre due, è l'apparizione del Giudice supremo. Il secondo, la seconda "azione", è il giudizio degli eletti alla gioia eterna. Il terzo è la condanna dei reprobi alla dannazione perenne. Le tre "azioni" che costituiscono il fulcro del dramma vengono rappresentate pittoricamente dal regista Bastianino "IN contemporanea" sul grande palcoscenico costituito dal catino dell'abside del Duomo. Ognuna delle tre azioni avviene, però, in una zona specifica del palcoscenico, ambientata in una scena particolare.

La scena della prima "azione", cioè l'apparizione del Giudice supremo e del suo corteggio, occupa tutta la parte centrale del catino, quasi a sottolinearne sia la priorità temporale sia la funzione cardine. La scena su cui si svolge questa "azione" è illuminata da una luce trasfusa dal biancore di grandi nubi.

Le scene in cui sono ambientate le altre due "azioni", il giudizio degli eletti e la condanna dei reprobi, sono collocate lungo la fascia esterna semicircolare del catino; la diversità del tipo di "azione" rappresentata in queste scene è sottolineata dal tipo di fondale, un "campo azzurro che mostrasi fosco vicino ALL'inferno e sopra le acque presso agli scogli o spiaggia (scena di destra, alla sinistra del Cristo), e dalla parte opposta tappezzato e strisciante di gran luce" (scena di sinistra, alla destra del Cristo).

Il dramma è interpretato da moltissimi attori che il regista-pittore fa muovere con dettagliata e peculiare gestualità a seconda del proprio ruolo.
Il ruolo principale è quello del Cristo, il Giudice supremo; intorno a lui altri attori recitano varie parti, che li portano ad essere o "spalla" dell'attore principale o veri e propri protagonisti delle singole azioni.

 

Bastianino, Giudizio Universale, Ferrara, Duomo: figure di beati.Volgiamo ora l'attenzione, sempre attraverso le parole del Boari, alle parti recitate dai personaggi più significativi.
Al centro dell'intero palcoscenico, protagonista assoluto di tutte e tre le azioni, sta Gesù Cristo, che appare in tutta la sua potenza, con i piedi appoggiati sopra una nube e circonfuso di luce. Il suo sguardo e il suo gesto sono rivolti minacciosamente verso il basso, dalla parte dei dannati: "Ed ecco apparire l'Uomo Dio seduto sopra candida nube e contornato da lucente sfera tutta adorna di spiriti beati e di Sante e di Santi: se non che Egli è tremendo in vista ed in atto minaccioso contro i reprobi".

Nel fulcro della scena della "prima azione", alla destra dell'"Uomo Dio", sta la Vergine Maria, con lo sguardo rivolto agli eletti ma carico di pena per i dannati: "Accanto a Lui, evvi la Reina del Cielo con le mani incrociate sul petto, che conturbata ode e mira gli effetti della terribile sentenza".
E accanto alla Madonna, vicinissimo al Cristo, "vedi l'apostolo san Tommaso, che genuflesso guarda il costato del suo Divino Maestro"; con la stretta vicinanza al Redentore il pittore vuole quasi fisicizzare la conquistata "grandissima fedeltà, dopo la più forte incredulità" (Giovanni 20, 27).
Ai piedi del Cristo sono collocati gli Angeli che, col suono delle trombe, sottolineano ogni momento del dramma.

Intorno al Cristo sono disposti gli Apostoli e un gruppo di comparse che portano i simboli del martirio: "Vedesi nella sfera maggiore in bella ordinanza e grazia simmetricamente collocati una schiera di Angeli e di Beati, che tu diresti essere veri, tanto che appariscono di carne viva.
"Gesù Cristo è circondato da numeroso stuolo di Santi e di Sante, quali sono al lato sinistro i Santi Apostoli IN atto ossequioso ed umile Pietro, e Paolo, Andrea, Bartolomeo, ecc., figure bellissime nude, seminude e vestite.
"A somiglianza poi del suo Maestro (Michelangelo) egli fa rappresentare per maggior pena di chi non è ben vissuto tutti gli stromenti della passione di Gesù Cristo, facendoli portare in aria da diverse figure d'uomini e d'Angeli, la croce cioè, la colonna, la corona di spine, il calice amaro, la spugna, la scala, ecc."

 

Bastianino, Giudizio Universale, Ferrara, Duomo: i due sodomiti e il ghiottone.Sempre tra gli attori della "prima azione", alla destra del Cristo, oltre san Tommaso, il pittore mette in scena san Sebastiano, chiaramente identificabile dal mazzo di frecce che tiene nella mano destra, simbolo del suo martirio. Alle spalle e accanto al santo, appaiono altri personaggi: sono un uomo e due donne che il Boari identifica come il Bastianino, sua madre e la sua donna. L'artista ha voluto partecipare di persona al dramma e si è collocato accanto al suo santo patronimico: "Non molto distante vi è rappresentato seduto san Sebastiano ignudo con le freccie IN mano. Essendo questo il nome del nostro Autore si è effigiato egli con la sua donna a destra del Santo (IN abito di veluto paonazzo), alla sinistra del quale ha posto la propria madre; servono questi di ornamento e di fondo al loro patrono."

Nel suo ancora fondamentale Bastianino, Francesco Arcangeli ben sottolinea come il Filippi fosse solito inserire gruppi "intenzionali" di personaggi in molte sue composizioni, fra i quali egli figurava spesso insieme ad alcuni suoi famigliari. Nel caso del Giudizio del Duomo indica come autoritratto dell'artista la figura dello stesso san Sebastiano, attribuendone il suggerimento al Boari; in realtà, il Boari, come abbiamo letto, scrive che "il nostro Autore si è effigiato (...) alla destra del Santo", preferendo attribuirsi un ruolo di comparsa, piuttosto che di primo attore. 

L'attenta regia del Bastianino colloca suggestivamente una serie di personaggi che recitano con studiati movimenti plastici la loro parte nella prima "azione": "Ma passando con l'occhio all'altro lato, dopo i descritti Apostoli ti si presenta una grande figura seduta, ed IN iscorcio voltata a tergo; essendo ignuda è disegnata e dipinta maestevolmente e pare di carne viva; questa esprime san Lorenzo martire, che tiene nella destra la graticola di ferro, stromento pel quale riportò la palma del martirio."


"Un'avvenente vergine, e forse ella pure martire, tutta involta da capo a piè in giallognolo manto gli serve da campo, e pare gioisca della sua beatitudine; gli altri martiri ignudi, che gli fanno corona, sono anch'essi di una pastosità e verità di tinte squisite; quelli che gli è vicino con la mano destra sul petto, e con gli occhi levati IN alto, è forse il convertito soldato san Romano martire, l'altro curvato gli indica il Redentore."

 

f13_85_popupLo spazio che l'artista dedica a personaggi come san Lorenzo e san Romano - il soldato romano da lui convertito alla fede di Cristo - non è certo casuale. La devozione ferrarese aveva già dedicato o dedicò successivamente altri capolavori a questi due santi. Ricordiamo in particolare il complesso pittorico per la tribuna della chiesa di San Romano, opera dello stesso Bastianino, di cui oggi due tavole sono conservate nella Pinacoteca Nazionale di Palazzo dei Diamanti, o la bellissima pala del Guercino raffigurante il martirio di san Lorenzo, che possiamo ammirare nella settima cappella della navata destra del Duomo. Ed ecco, accanto ai molti personaggi identificabili, la schiera senza nome delle comparse della seconda "azione" che, quale coro visivo, trasmette il sentimento che pervade tutta la parte di scena in cui è rappresentata la gioia degli eletti alla vicinanza eterna a Dio.


"Dopo la sentenza (giudizio degli eletti) si vedono volare al cielo una quantità di eletti e di elette ed avere aiuto da alcune anime già salve, e porsi fra una moltitudine di Beate e di Beati. E qui è bello il mirare come care fanciulle e venerande matrone vicine e lontane si abbracciano fra esse e fannosi festa per avere con la grazia di Dio e con la propria cooperazione conseguita la beatitudine eterna."

"Ma ciò che ti rapirebbe IN alta meraviglia si è un gruppo di due persone colossali, l'una ignuda, vestita l'altra, che serve da campo".
Ed è con l'uso di questi personaggi, una volta di più, che il Bastianino esplica tutta la sua capacità di costruire immagini che scenograficamente sappiano attirare l'attezione in un punto del palcoscenico in cui si sta rappresentando un'azione particolarmente significativa.

 

Bastianino, Giudizio Universale, dettaglio con uno dei molti diavoli, Ferrara, Duomo.Ora dobbiamo spostarci "a malincuore" - come dice il Boari - sulla parte sinistra del palcoscenico, dove si sta rappresentando la terza "azione" del dramma, la più terribile, ma anche quella più suggestivamente e spettacolarmente sceneggiata dal Bastianino. Il protagonista principale di questa scena è Satana che, alter ego malvagio del Cristo, interpreta il ruolo di castigatore eterno; è l'Angelo ribelle, dannato a sua volta in eterno: "Il gran demonio Satana sta ritto sull'orlo del cratere infernale aspettando che vi precipitino i dannati: e se Quegli è il Dio della luce e del bene, questi si è il Principe delle tenebre e del male."
"Egli è circondato da un gran numero di spiriti ribelli immersi nelle ardenti fiamme; porta corona d'ispidi e sozzi serpenti, che gettano fuoco e veleno dalle fauci (...) ha qual di giumento le orecchie, l'occhio sinistro sanguigno e bieco, il destro torbido e guercio, acuti e forti ti mostra qual iena i denti. Con la sinistra mano sostiene un cartello spiegato, in cui sta scritto: Nullum modum impunitum; a piedi gli formano base altri demoni, l'uno de' quali seduto è avviticchiato da un grosso serpente."
"L'Artista, ad esempio di Dante, cerca di esprimere il carattere delle colpe dei dannati onde appropriarle la pena nell'inferno".

In effetti il Bastianino mette in scena figurativamente i dannati vestendoli degli atteggiamenti tipici di quei peccati che li hanno portati ad essere giudicati degni solo della sofferenza eterna, così come Dante nella sua Commedia creò poeticamente le pene modellandole sul tipo di colpa.
"I primi dannati, che dopo Satana incontriamo nella grande composizione infernale, sono due figure aggruppate l'una sopra l'altra, facendo l'una mostra della parte posteriore del corpo. L'accorto pittore nell'esprimerle IN quella foggia volle condannare due sodomiti: parte attiva e passiva, che insieme aggruppati piombano dell'ardente abisso.
"Il terzo dannato portato da due orrendi demoni è un ghiottone; afferrato per le gambe e per la gola ed a bocca aperta infornato per la testa nell'antro infernale: il serpente con la testa di drago a bocca spalancata che attorciglia uno dei due demonii indica voracità."

"(...) Il sesto dannato è un avaro usuraio: costui avrà per altro avuto qualche pratica virtuosa, essendoché si vede che uno degli Angeli vorrebbe salvarlo; ma i vizi dal pittore espressi ALL'intorno in sembianza di arpie superano le morali virtù e da un orrendo Demonio tratto giù nelle bolge infernali. A questo particolarmente che tiene le braccia stese in alto con le mani aperte per segno delle sue rapine è diretto quel tremendo rimprovero: né manco mi porgeste un pezzo di pane." (Matteo 25,42)

E, per finire, puntiamo lo sguardo sull'estrema sinistra del palcoscenico, là dove il Bastianino ha collocato i protagonisti di un fatto che lo ha toccato molto da vicino e ai quali egli ha affidato le parti più drammatiche dell'intera rappresentazione.
Si tratta della bellissima Livia Grazioli, la donna che gli aveva concesso la propria mano e che poi si era concessa a un altro, e dell'uomo che prese il suo posto nel cuore di Livia.

Così ci descrive la storia il Boari: "Aveva il nostro Autore promesso fede di matrimonio ad una vezzosa giovane, e null'altro aspettava che di dar termine al suo lavoro per liberare la sua parola. Ma costei impaziente per sì fatto ritardo ruppe la data fede e disposò un'altro. In quanto sdegno prorompesse il giovane pittore cel fa chiaro il crudo trattamento ch'egli serbò al rivale seduttore ed a lei stessa". A Livia il Bastianino destina il patimento dell'inferno e la colloca, bianca figura tra le braccia di un nero demonio.

Ed ecco, poi, la scena terribile della punizione del rivale, l'uomo colpevole di aver desiderato ed ottenuto la donna d'altri. Volgendo lo sguardo "all'infelice colpito dalla maledizione divina e dall'ira dell'Artista, osservo che s'egli (siccome nei quattro gruppi descritti) avesse dovuto dipingere la dannazione di alcuno reo di un solo peccato capitale, non avria avuto mestieri che di due demonii od anche di un solo e forse anche di nessuno; ma che a tormentare colui del quale ragiono ne impiega ben otto o dieci."

"Colpito come da un folgore nel petto cade egli supino con le braccia aperte e le gambe IN alto, e perché rimanga IN questa positura e sia ben tutto visibile il suo corpo ha immaginato il Filippi che a caso fosse quivi un tronco d'albero e che il misero vi cada sopra a traverso con le gambe - vedi astuzia! Appena caduto l'infelice come alta pianta cade, eccoti una caterva di orrendi demonii sbucare dalla grotta infernale, come fiere tigri al belare d'agnello; chi l'afferra per un braccio e chi per l'altro, questi ad abbrancarlo per la testa, quegli pel dorso, gambe ecc. e per maggior ludibrio e tormento un demonio lo pesta con un'asta nell'ima parte del ventre. Non si può immaginare quanto di varietà sia nelle teste di quegli orrendi mostri, veramente d'inferno, per sino a collocarne uno ritto ai piedi del misero tormentato, che con ambe le mani si cuopre parte del viso e guarda e ride per ischerno, compiacendosi di tanto vitupero di quel sozzo dannato."

La positura ed il trattamento dei demonii indicano essere costui un lascivo, e tanto più mi confermo nella mia opinione, quanto più vicino a lui trovo il ritratto dell'amante parimenti in attitudine lasciva, e trasportata dai ministri di Lucifero nell'inferno, scolpito il volto di profonda disperazione. "Aggiunge anche la storia che dato indi a poco ad altra giovane la mano di sposo, la collocò fra i Beati IN atto di guardare e d'insultare la rivale, e si è questa che vedesi in alto sopra l'inferno con disteso il sinistro braccio ignudo e la destra mano sul cuore IN segno di fedeltà. Vicino a lei si trova una vecchia involta nel proprio manto, con occhi bassi ed una mano al mento IN atto meditabondo, probabilmente ella è la madre sua".
Il pittore ha rappresentato per ben due volte la sua nuova compagna; una volta accanto a sè, alle spalle di san Sebastiano, e ora qui, fra i Beati. L'ha voluta protagonista di due parti: quella di persona degna per la sua fedeltà di apparire nel corteggio del Giudice supremo e, a sua volta, quella di giudice di una colpa che ha evitato di commettere.

In questo caso, riguardo a un episodio che evidentemente l'aveva molto ferito, sembra che il Bastianino abbia voluto, pur peccando di orgoglio, assumersi oltre al ruolo di regista, anche quello di giudice.
Ma sulla scena non cala il sipario: il dramma continua e continuerà la sua rappresentazione così come l'efficacissimo regista l'ha concepita, vivo monito per tutti coloro che, entrando nel Duomo di Ferrara, volgeranno gli occhi al palcoscenico su cui si sta svolgendo.