Il restauro del moderno

Scritto da  Carlo Bassi

Uno degli edifici posti in posizioni significative dell'urbanistica della città, la cui architettura porta l'imprinting proprio della cultura del Novecento.Rivive un'icona dell'architettura del Novecento: Tresigallo.

La storia delle città nuove del fascismo comincia nell'Agro Pontino, intorno a Roma, quando ci si aprì all'idea della grande bonifica.
Era un ambiente incontaminato estremamente pittoresco che aveva stregato e continuava a stregare i viaggiatori del grand tour, ma dove l'ambiente affascinante conviveva con la miseria più nera.
Negli anni Trenta, in Italia si contavano 5 milioni di ettari di terra da bonificare con villaggi di capanne e migliaia di grotte abitate. Milioni di uomini vivevano in condizioni semplicemente primitive.


L'idea di quell'intervento, e l'intervento stesso condotto a ritmi molto sostenuti, costituì per l'opinione pubblica internazionale un grande esperimento e una straordinaria manifestazione di capacità e di saggezza.


Uno degli edifici posti in posizioni significative dell'urbanistica della città, la cui architettura porta l'imprinting proprio della cultura del Novecento.È stato, quell'intervento, un'intuizione politica straordinaria in quel momento e in quella situazione, tanto che, come afferma Riccardo Mariani, l'opinione pubblica internazionale che simpatizzava per gli avversari del fascismo, in questa circostanza, ribalta le sue certezze creando dubbi e problemi fino nelle file degli antifascisti.
E nacque la città di Littoria (l'attuale Latina) e, a catena, Sabaudia, Pomezia, Aprilia, Pontinia.
Le motivazioni politiche e sociali sono state evidentemente prevalenti. E quelle più propriamente architettoniche?
Modeste per Littoria, creata in tempi brevi sull'onda della realizzazione della grande idea, molto qualificate invece per Sabaudia, la cui progettazione fu affidata per concorso ad architetti come Piccinato e Montuori, i cui nomi resteranno nella storia dell'architettura italiana del Novecento.

Da questi avvenimenti nascerà anche il concreto studio della scienza della città e della pianificazione di essa che chiamiamo urbanistica.
È nella scia di questa grande avventura (che ha avuto ulteriore seguito con le città dell'autarchia Carbonia, Arsia, Torviscosa) che Edmondo Rossoni, ministro fascista dell'Agricoltura, inventa Tresigallo nell'area della grande bonificazione ferrarese.



Un altro degli edifici di Tresigallo.Tresigallo è una modesta realtà rurale al confine occidentale dei terreni bonificati, sull'asse diretto Ferrara-mare. Rossoni, nativo del luogo, vuole terziarizzare il suo paese, facendolo diventare un centro con attrezzature pubbliche e impiantando corpi produttivi industriali coerenti con la politica dell'autarchia.
Negli anni 1936-1937, insieme a una struttura urbana con funzioni fortemente rappresentative, nascono insediamenti industriali notevoli per dimensioni e caratteristiche tecnologiche che vivono intorno all'impianto urbanistico centrale.
I collegamenti territoriali sono assicurati dalla strada che unisce il centro di Tresigallo al mare e a Ferrara, strada che ne diventa "asse generativo urbano", e da ramificazioni viarie significative verso le aree bonificate di Jolanda di Savoia e Ambrogio.

 

Uno degli edifici posti in posizioni significative dell'urbanistica della città, la cui architettura porta l'imprinting proprio della cultura del Novecento.Rossoni progetta tutto per lettera, perché lui e solo lui decide come e cosa fare e come operare, affidando all'ingegner Frighi la realizzazione delle opere. Questa autoreferenzialità è una delle ragioni per cui il nome di Tresigallo non è entrato, e non entra ancora, nella rosa degli interventi di qualità del regime in quegli anni, tanto che si fa evidente un disinteresse a questa opera da parte dell'ufficialità del fascismo che pare relegarla a espressione della sola volontà di Rossoni.

Rivelatore di questa marginalità ufficiale rispetto alla privatezza rossoniana, è l'asse viario dell'impianto che collega la piazza al cimitero dove, al centro, Rossoni colloca il suo sarcofago di granito.
Su questa realtà urbana, che si avvia a celebrare i settant'anni dalla fondazione, su cui era caduto il silenzio e l'emarginazione del regime prima e della cultura architettonica poi - ma che conserva nelle sue articolazioni urbane, fin nella perentoria celebrazione (o autocelebrazione) del suo fondatore, tutti gli elementi del linguaggio architettonico proprio di quegli anni (l'ingegner Frighi non era certo uno sprovveduto) - bisogna avviare un concreto discorso relativo alla sua totale e rigorosa preservazione contro i tentativi striscianti (ma non tanto) di manomissione e di stravolgimento.

Uno dei lunghi porticati che caratterizzano i luoghi emblematici della città, con le loro reminiscenze metafisiche.Bisogna, con un'operazione culturale mirata e attenta, ripercorrere i passaggi della sua formazione, rileggere le forme delle sue architetture (si veda il motivo costante della emergenza della torre negli edifici con funzioni pubbliche, i lunghi porticati della piazza e di fianco alla chiesa che si rifanno alle atmosfere misteriose della metafisica dechirichiana, l'uso di quinte edilizie e di portali per sensibilizzare percorsi e luoghi, il disegno delle lunghe recinzioni di aree industriali, di grande qualità, pure nella loro rigorosa modestia) e pensare a un lavoro attento di restauro e di conservazione.

Ma quale restauro e quale conservazione?
Qui si tocca un punto a un tempo dolente e provocatorio nella vicenda culturale di Tresigallo.
In anni lontani, era stato ventilato un progetto importante della facoltà di Architettura di Ferrara che stava nascendo e si stava avviando a realizzazione. Il progetto era quello di operare a Tresigallo con una sezione staccata dell'insegnamento di Restauro, per avviare, in quel luogo specifico, lo studio del "Restauro del Moderno".

 

Uno dei lunghi porticati che caratterizzano i luoghi emblematici della città, con le loro reminiscenze metafisiche.Non se ne fece niente, almeno fino a oggi (e qui è l'aspetto dolente), ma l'intuizione e il pensiero sotteso al progetto mi pare ancora molto importante.
Oggi, questo studio specifico di una teoria e di una pratica del restauro che affronti la necessità di mantenere vive le icone del Moderno per assicurare continuità visiva alla storia dell'architettura, è in notevole e dibattuto sviluppo.

Non a caso è l'Olanda, la patria dove nasce l'architettura moderna, che si è posta per prima questi problemi e ha avviato interventi delicatissimi su edifici famosi e fondamentali per la nostra storia. Ricordo le architetture di Rietveld, di Van der Vlugt, di J. Joannes Pieter Oud.
Di quest'ultimo è stato interessato addirittura un intero quartiere di case popolari, il "Villaggio Bianco" di Rotterdam, con lunghi strascichi di polemiche.

Un'altra immagine dei porticati.Quale luogo migliore, da noi, di Tresigallo per essere il luogo di riferimento per queste nuove e necessarie elaborazioni del concetto di restauro?
Fra l'altro qui non è un singolo edificio su cui sarebbe necessario intervenire, ma un complesso urbano, e non sono le tecniche del restauro degli edifici antichi che si studiano ora in Facoltà le più adatte per ridare vita a queste architetture che, nella loro intrinseca fragilità, trovano la condizione per un'autonomia di trattamento al fine di una corretta manutenzione.

Da noi, come dicevo, Tresigallo sarebbe un campo di lavoro prezioso per lo studio dei molti aspetti del restauro del Moderno, e per sperimentarne validità e contraddizioni. È una scienza giovane e ne vanno indagate le possibilità e le tecniche, per non ridurre tutto a museo come se non fossero passati anni di vita e di trasformazioni nelle architetture che si vogliono recuperare.

Ma è proprio questo il punto. Studiare come dare vita nuova a edifici diventati monumenti, conservandone la specificità. E dato che qui parliamo anche di una città diventata monumento, il tema del restauro urbanistico si fa complesso.
Sarebbe un laboratorio straordinario per Tresigallo, che potrebbe segnare i settant'anni dalla fondazione della città, e per la Facoltà, che potrebbe attribuirsi un primato indiscutibile.

 

La monumentale tomba che Rossoni volle costruire per se stesso, alle porte della città, verso il cimitero.Potrebbero essere messe in moto sinergie interessanti con l'amministrazione comunale, che troverebbe sul suo territorio un operatore scientifico che studia il proprio patrimonio architettonico ed elabora progetti di manutenzione e di restauro.

Marieke Kuipers, studiosa e docente olandese di questa materia, afferma: «Il risultato dipende sempre e prima di tutto dai proprietari: solo eredi devoti, siano essi i privati o una municipalità, possono far rivivere un monumento moderno. Hanno bisogno di architetti fidati per ripristinare questi edifici in maniera appropriata, architetti in grado di affrontare il difficile rapporto tra etica, teoria e prassi di conservazione». Ricordiamo: solo "eredi devoti" possono affrontare questi problemi. In particolare, a Tresigallo.