Urbanistica a Ferrara nel XIX secolo

Scritto da  Erika Alberghini

Le tracce degli interventi urbanistici ottocenteschi nella Ferrara di oggi: il Montagnone.La tutela del patrimonio architettonico e storico della città come principio ispiratore della progettazione

 

Durante il XIX secolo a Ferrara venne affrontato un acceso dibattito relativo alle trasformazioni urbanistiche che si ritenevano necessarie in una città che aveva ormai fatto propri i cambiamenti politici e sociali operati dal governo napoleonico. Ma il contesto ferrarese, che nell'Ottocento era ancora indissolubilmente legato alla grande Addizione Erculea, portò a dover gestire in maniera particolare tali cambiamenti, creando una situazione urbanistica che si distingue all'interno del panorama delle trasformazioni che contemporaneamente interessarono le altre città italiane.

Ferrara, non solo si dotò dei servizi fondamentali per una città moderna, quali banche, scuole, tribunali e carceri, ricavate dagli antichi conventi soppressi, ma operò altresì interventi urbanistici, la cui progettazione e discussione avvenne a partire dai primi anni dell'Ottocento, ma la cui realizzazione si prolungò durante l'arco dell'intero secolo.

 

Croso Porta Reno.Fin dal 1807 è testimoniata l'esistenza di un dibattito riguardante la riconversione funzionale della cinta muraria della città, così come negli stessi anni ci si occupa anche a livello progettuale delle porte cittadine.

La costruzione del pubblico passeggio alla "Montagna" si inserisce proprio nell'ambito di quegli interventi di riconversione funzionale della cinta difensiva, parte della quale, come avvenne nelle moderne città europee, fu trasformata in pubblico passeggio, servendo così da luogo di socializzazione e contribuendo alla riqualificazione estetica della città.

Mentre gli interventi alle porte della città si giudicarono necessari, non solo per conferire ordine e funzionalità a strutture viarie ormai obsolescenti, ma certamente anche per trasformare l'urbe secondo i principi estetici ottocenteschi delle ampie piazze da cui si dipartono vie rettificate che consentono lunghe visuali prospettiche e che danno un aspetto più grandioso e spettacolare alla città.

Relativamente alla questione esiste un vero e proprio progetto, che fu ideato dall'architetto ingegnere comunale Giovanni Tosi. In data imprecisata, Tosi inviò al Gonfaloniere una Idea di Riforma delle Porte per gli ingressi della Città di Ferrara, proponendo interventi a Porta Reno, Porta Po e Porta Romana.


In questi pochi fogli di cui si costituisce il progetto, si evince la volontà di intervenire su Ferrara per portare ordine, funzionalità e decoro a quelle aree che, come le porte urbane, si presentavano tortuose e irregolari, costruite per servire antiche necessità difensive che nel XIX secolo non sussistevano più.

Piazza TravaglioEmblematico esempio di adesione a questi principi è la proposta del Tosi relativa all'intervento di riqualificazione dell'area nei pressi di Porta Po, dove l'ingegnere intendeva realizzare un " Trivio di strade" partenti tutte dal medesimo punto: un piazzale che avrebbe ospitato "il nuovo ingresso a Barriera".

Tosi voleva così rispettare l'uso diffusosi in Europa di costruire barriere agli ingressi delle città, una struttura architettonica che avrebbe costituito un ingresso monumentale da cui era possibile vedere d'infilata le tre vie che da qui partivano, fino alle porte: il rettifilo della strada di San Benedetto fino a Porta Mare; il rettifilo di una strada costeggiante il canale Panfilio fino alla Giovecca e alla sua Prospettiva; e, infine, una terza strada rivolta a sud.

Poiché dai ragionamenti che il Tosi elabora nel suo progetto si evince che il Bastione di San Benedetto non era ancora stato demolito, si può supporre che il progetto possa collocarsi precedentemente all'anno 1847, data in cui venne realizzato il varco per ospitare la Barriera di Porta Po con la demolizione dell'antico baluardo.

Nel disegno di Giovanni Tosi, che ho rinvenuto all'Archivio di Stato di Ferrara e che sembra riferirsi proprio al progetto in questione, è rappresentata la Strada di San Benedetto, attuale Via Porta Po, con le linee di prolungamento della via oltre le cortine murarie, che nell'anno in cui fu realizzato il disegno erano ancora esistenti.

 

 

Piazza Travaglio.Molto interessante è anche il progetto ideato da Giovanni Tosi per Porta Reno. Questo consisteva nella regolarizzazione del piazzale che si incontrava entrando dalla porta e delle due vie che da questo si dipartivano per raggiungere la piazza di San Crispino: corso Porta Reno e via del Travaglio (attuale via San Romano).
L'ingegnere comunale considerava necessaria e urgente questa operazione a causa della totale mancanza di decoro di quell'area cittadina, connotata da casamenti fatiscenti.

Proponeva un intervento rispettoso della forma urbanistica già consolidata dell'area, forma alla quale riteneva di dover essere vincolato, dal momento che le due vie su cui era necessario operare sfociavano nella piazza di san Crispino in corrispondenza delle fiancate del Palazzo della Ragione. Non si poteva pensare, dunque, a un rettifilo perfettamente infilato con Porta Paola e congiungente questa alla piazza di San Crispino, "indi non spaccare il nuovo Palazzo della Ragione".

Successivamente, negli anni dell'unificazione, il comune decise realmente d'intervenire nei dintorni di Porta Paola, pensando allo sventramento di via del Travaglio, per creare un rettifilo che costituisse un ingresso grandioso all'area meridionale della città.

 

Un'altra veduta di Piazza TravaglioL'opposizione di architetti e ingegneri evitò un intervento così drastico, che molti anni prima Giovanni Tosi aveva giudicato irrealizzabile. Essi erano contrari agli sventramenti alla "Haussmann" e a quella che definivano "mania dei drizzagni" e propendevano più per un'urbanistica rispettosa del preesistente. L'immagine riportata si riferisce a questo dibattito e ai progetti presentati a riguardo.

Si possono notare due soluzioni proposte: al centro del rilievo dell'area compresa tra piazza Maggiore e Porta Paola è visibile la linea tratteggiata del drizzagno proposto dall'amministrazione comunale. Questo, partendo da una piazza ellittica antistante Porta Paola, raggiunge piazza Maggiore, tagliando nettamente tutto il caseggiato che incontra sul suo cammino. Più a sud è invece visibile, nel tracciato PU-VZ, la controproposta di quei tecnici che si opposero a tale drastica soluzione, pensando semplicemente a una regolarizzazione della via preesistente.

Da questo dibattito emerge che l'urbanistica ferrarese ottocentesca è contraddistinta da una forte sensibilità nei confronti del tessuto preesistente della città; una situazione che si rifletteva anche sulle norme della commissione d'Ornato di Ferrara che avevano lo scopo di tutelare il patrimonio architettonico e urbanistico della città.

Quest'attenzione degli architetti ferraresi è giustificata anche dal fatto che ancora nell'Ottocento l'urbe non aveva problemi di espansione extra moenia, poiché la cinta muraria estense, grazie all'Addizione Erculea, poteva ancora ben contenere un'espansione interna.