Due grandi padri

Scritto da  Alfredo Santini

Copia a stampa del Rescritto che decreta la nascita della Cassa di Risparmio (5 maggio 1838), Tipografia Gaetano Bresciani, 1840.Le figure di Alessandro Masi e Gaetano Recchi che istituirono la Cassa di Risparmio di Ferrara
Scrivere della storia della Cassa di Risparmio di Ferrara è compito a me assai gradito. Correntista, socio, sindaco, Vice e ora Presidente - dopo la parentesi di Segretario Generale della Fondazione - nutro un senso di appartenenza che poggia su un'esperienza quasi quarantennale. Ho sempre pensato che il ruolo delle Istituzioni fosse un servizio alla comunità di riferimento, alla società civile che ha contribuito - tra l'altro - alla loro nascita, alla loro prosecuzione nei secoli. Un rapporto vitale, quello che lega in particolare la banca al suo territorio, una sorta di circolo virtuoso, continuo, tanto più efficace quanto inarrestabile.

Il modello delle Casse di Risparmio esalta questo patronato, creando un connubio vincente tra società e istituto di credito. Le Casse di Risparmio - come i Monti, nel passato - da sempre più vicini alle tradizioni e alle realtà in cui operavano, hanno sviluppato una maggiore sensibilità verso il territorio. Nate nell'Ottocento, sotto la spinta di un forte senso di mutualismo delle comunità locali, hanno svolto un Regolamento per l'Istituzione della Cassa di Risparmio di Ferrara, Tipografia Gaetano Bresciani, 1840ruolo importante per incoraggiare il risparmio e la previdenza tra le classi medio basse e hanno favorito lo sviluppo economico dei territori in cui operavano. La Cassa di Ferrara - quarta in ordine di tempo nelle terre papaline, dopo quelle di Roma (1836), Spoleto e Bologna (1837) - appartiene al tipo dominante negli ex stati pontifici e in Toscana, formata cioè da una società di private persone, mentre nel Lombardo Veneto, le Casse vengono fondate da Comuni o da altri Enti morali. Penso sia importante - e questo sarà il mio percorso - soffermarsi sul tempo della sua istituzione, e sui due uomini che possiamo considerare a pieno titolo e senza ombra di dubbio i padri: Alessandro Masi e Gaetano Recchi. La situazione economica del ferrarese all'epoca in cui fu fondata la Cassa era in forte declino ormai da vent'anni. Mancavano - ma questo valeva per la quasi totalità dei territori soggetti allo Stato Pontificio - le caratteristiche di mercato aperto, vuoi per l'insufficienza della rete stradale e per la difficoltà delle comunicazioni - tra versante adriatico e tirrenico soprattutto - vuoi per l'antiquata produzione industriale. Le industrie, ferme a una tecnologia antiquata in quanto protette da dazi elevati e da privative governative, non avevano nessuno stimolo all'innovazione. Tranne qualche eccezione. Valga per tutte la fab-brica insediata fin dal 1812 a Pontelagoscuro per la produzione di saponi da toeletta, costruita dal triestino Carlo Primo bilancio della Cassa di Risparmio di Ferrara Tipografia Gaetano Bresciani, 1840.Luigi Chiozza, che in seguito avrebbe avuto la denominazione "Chiozza e Turchi", che importava dall'estero l'olio di oliva occorrente alla produzione. Il porto di Pontelagoscuro, se sfruttato al meglio attraverso il collegamento fluviale con l'entroterra, il ripristino della navigabilità del Volano, avrebbe consentito un maggiore sviluppo economico al ferrarese, evitando il controllo che l'Austria, attraverso lo scalo di S. Maria Maddalena, esercitava su tutto il traffico fluviale del Po: tutti questi progetti rimasero sulla carta. Ma il primato dell'economia ferrarese riguardava la canapa, oggetto di esportazione internazionale, in particolare nell'impero asburgico, da un lato, e in Gran Bretagna, dall'altro, per la marina di Sua Maestà in particolare, con la fornitura di vele e cordami. dal punto di vista politico, gli anni della Rivoluzione francese e del periodo napoleonico non erano passati invano: ben presto anche a Ferrara erano nate varie sette tra cui, in particolare, i Sanfedisti e i Carbonari. Fortuna volle che in quel periodo la città fosse governata da un legato, il cardinale Tommaso Arezzo, abbastanza mite e ben diverso dai "colleghi" delle altre province pontificie. Dopo il fallimento dei moti del 1820-1821 e l'insediamento, nel 1826, per disposizione di papa Leone XII, dell'Ordine dei Cavalieri di Malta nel palazzo Bevilacqua Il conte Gaetano Recchi in un busto marmoreo di Ambrogio Zuffi (Ferrara, 1833-1922)Ritratto di Alessandro Masi eseguito dal Longanesi (Bagnocavallo (RA), 1908 - Roma 1991)(oggi Massari), Ferrara ebbe un momento di gloria allorché, nel febbraio 1831, anche i liberali ferraresi disarmarono le truppe pontificie senza incontrare serie resistenze da parte degli austriaci, rimasti spettatori nella Fortezza. Il papa Gregorio XVI intendeva però sedare le rivolte sorte nei suoi territori, così inviò un suo emissario allo scopo di riportare l'ordine prima del temuto intervento austriaco. Come reazione, i deputati delle province insorte, tra cui anche quelli di Ferrara, l'avvocato Delfini e il conte Recchi, si riunirono a Bologna e il 26 febbraio diedero vita al governo delle province unite. Gli austriaci presero, naturalmente, le contromisure, e il 6 marzo la città venne occupata dal maresciallo Frimont che, con una notificazione, avvertiva i cittadini che, per accordi intercorsi tra il pontefice e l'imperatore, egli si impadroniva di Ferrara per conto del papa, dichiarando decaduto il governo provvisorio. La citazione di questi eventi era dovuta perché due dei personaggi ricordati hanno una loro importanza nella vicenda della nascita della Cassa di Risparmio. Il primo è papa Gregorio XVI Cappellari (1765-1846), un camaldolese nato a Belluno, il cui pontificato vide scarse iniziative per porre rimedio alle disastrose condizioni dello Stato pontificio, tanto da indurre perfino Metternich a esercitare pressione perché venissero in qualche modo sanate. Era un momento di progresso assai lento, prudente, difficoltoso, un periodo in cui la nascita di una Cassa di Risparmio non poteva essere accettata come un fatto di profondo rinnovamento, ma solo come atto di comprensione, di partecipazione verso le classi più diseredate e quindi con una funzione eminentemente caritativa. L'influenza austriaca suggerì allo Stato della Chiesa di agevolare tali iniziative; infatti, il governo austro-ungarico aveva sempre guardato con benevolenza la nascita di questi istituti, se si pensa che, per esempio, proprio nel Veneto sorgevano a Venezia, Padova, Rovigo, Udine, Monselice le prime casse di risparmio come emanazione dei monti di pietà, dai quali addirittura traevano, nella fase iniziale, tutta la struttura amministrativa. Dal Veneto l'iniziativa si spostò in Lombardia, dove sorse la Cassa di risparmio delle Province Lombarde, la più grande cassa di Risparmio del mondo. Ma anche nello Stato pontificio, come nel Granducato di Toscana, cominciavano a diffondersi le iniziative per creare "casse": a Firenze, a Roma e, un anno prima di Ferrara, a Bologna. Nel giro di trent'anni, cioè fino al 1870, sorsero, ormai, in ogni città, La prima sede della Cassa di Risparmio di Ferrara, dal 1838 al 1858, fu al piano ammezzato del Palazzo Municipale, sul lato prospiciente il lato sud del Castello.ben centotrenta casse di risparmio. Proprio per dimostrare che la Cassa di Ferrara sorse anche con il preciso scopo (in futuro sempre confermato) di tenersi legata alle vicende del territorio, è bene ricordare l'altro uomo di cui si accennava all'inizio, quel conte Recchi presente a Bologna quando, il 26 febbraio 1831, si formava il governo delle province unite. Il conte Gaetano Recchi, definito dal senatore Niccolini - presidente della Cassa quasi cento anni dopo - «l'uomo politico più eminente che Ferrara abbia avuto nel secolo precedente», era un uomo eclettico negli interessi e negli studi. Nato a Ferrara, ma da famiglia originaria di Castignano (Ascoli Piceno), condurrà la neonata istituzione nel momento delicato e solenne in cui essa perdette il conte Masi, traghettandola con mano sicura fino all'elezione del futuro presidente e, negli anni successivi, sino al 1843, redigerà le relazioni ai bilanci, nelle quali si avvertono gli echi degli studi da lui compiuti sugli analoghi istituti europei e italiani. Sarà ancora lui, in qualità di Consigliere- Segretario, vero e proprio direttore, a metterne a punto il pratico funzionamento. L'ampiezza di vedute, la vastità della cultura, che spazia tranquillamente dalla botanica all'agronomia, dall'economia alle lettere, l'orizzonte decisamente europeo delle conoscenze - tutte doti che traspaiono scorrendo biografia e scritti - lo porteranno a Roma, dove Pio IX gli conferirà l'incarico di formare un governo liberale: la conclusione poco felice dell'esperimento politico di Papa Mastai nulla toglie al valore di questo statista, che sceglie "compagni di viaggio" quali Luigi Carlo Farini, Giuseppe Pasolini, Marco Minghetti. Con lui creò la Cassa di Risparmio il conte Alessandro Masi - che ne fu il primo presidente -, simbolo della parte più illuminata della classe dei proprietari ferraresi. Come ogni rampollo di nobile famiglia, ben radicato nella nobiltà terriera, frequentò le scuole presso il Collegio dei Nobili a Modena, dove iniziò gli studi di Giurisprudenza che poi terminò una volta rientrato a Ferrara. Si interessò di economia pubblica, di scienza dell'amministrazione, commercio, agraria di cui discuteva con lo zio, il conte Galeazzo Massari. La sua fama di uomo dotto e probo si sparse ben presto, tant'è che a soli venticinque anni venne chiamato alla presidenza dell'Arcispedale S. Anna; poi consigliere comunale, deputato all'annona e all'ornato della città, tra gli studiosi del progetto per una fiera franca a Ferrara: nel 1834, alla morte di Leopoldo Cicognara, il Comune lo mandò a Venezia per trasportarne la salma e recuperarne i preziosi manoscritti lasciati dal defunto all'Ariostea. Diventa Gonfaloniere [leggi Sindaco] del Comune nel 1838 e uno dei primi provvedimenti che vara è quello di devolvere la somma di danaro da sempre destinata, in occasione dell'ingresso del nuovo cardinal legato, alle corse, alla cuccagna, a luminarie e fuochi d'artificio, a pro dei bisognosi: a farne le spese sarà il Cardinale Ugolini, divenuto Legato proprio in quegli anni. Lotta alla miseria, dunque, ma anche urbanistica: istituzione di un ufficio speciale di ingegneria comunale, progetto - rimasto sulla carta - di prosciugare il Canale Panfilio, creando in sua vece giardini degni d'una delizia estense e una strada rettilinea che mettesse in evidenza fin da lontano il più bel castello d'Italia. Ma il 1838 è l'anno dell'istituzione della Cassa di Risparmio, fortemente voluta da lui e da Recchi, di cui il conte Masi riesce a stendere la "Magna Charta" ovvero l'"Istruzione sulla Cassa di Risparmio di Ferrara": del neonato organismo Masi riuscì a vedere solo i primi passi perché, il 27 dicembre 1839 morì. Le cronache del tempo diedero poco rilievo all'inaugurazione della Cassa ferrarese: Ferrara era tutta presa da un fermento di natura religiosa - le celebrazioni del secondo centenario dell'incoronazione dell'immagine della Madonna di Lepanto, venerata nella Chiesa di San Domenico, - impegnata in processioni e pontificali di vescovi, arcivescovi e cardinali, ma anche distratta da feste popolari, musiche e cuccagne varie, già rivelando l'istintivo scetticismo di fronte alle novità. Il compito di Recchi venne portato avanti dai suoi successori, tanto che già con un regolamento del 13 febbraio 1848 venivano sperimentati prestiti gratuiti per assistere gli artigiani e i «poveri industrianti» della città. La popolazione attiva addetta all'industria si concentrava soprattutto nelle parrocchie di Porotto, San Giorgio e San Luca. La maggior parte della popolazione addetta al commercio era insediata nella città e nelle parrocchie di San Giorgio e di San Luca. Le figure commerciali prevalenti erano gli agenti di negozio, i trafficanti, i sensali, gli stracciari, i venditori al minuto di generi alimentari e i pizzicagnoli, i ramari, i macellai, i pastaroli, gli osti e i garzoni. Tra i mestieri si rilevavano: i camerieri, i domestici e i servi alle dipendenze dei nobili e della borghesia cittadina, oltre ad altri gruppi considerevoli come i barozzanti e i facchini. Sul piano artigianale vi erano i fornaciai, i falegnami, i finestrai, i bottari, i sellai. Essi saranno i primi clienti della Cassa di Risparmio di Ferrara.