Società per la Bonifica dei Terreni Ferraresi

Scritto da  Eugenio Bolognesi

Breve storia dell'unica società agricola italiana quotata in Borsa

Iolanda di Savoia (Ferrara). Il Cav. Orfeo Marchetti, in primo piano il secondo da destra, con vari dipendenti negli anni 40. Sullo sfondo gli uffici aziendali.La Società venne costituita con atto di associazione in Inghilterra nel 1871 col nome di "Ferrarese Land Reclamation Company Limited". L'oggetto sociale consisteva nella "bonifica di laghi, nell'acquisto di paludi e terreni nelle vicinanze di Ferrara e in altre località del Regno d'Italia, nonché nella costruzione o la compera di canali, corsi d'acqua, lavori d'irrigazione, moli, scali, ferrovie, strade, fabbricati e macchine locomotive". Nel gennaio 1872 venne abilitata, con Regio decreto, a operare nel Regno d'Italia con il nome di "Società per la Bonifica dei Terreni Ferraresi". Il capitale societario iniziale ammontava a lire 8.000.000 oro pari a lire carta 8.640.000 , in azioni da lire 500. Acquistati oltre 21.000 ettari di terreni vallivi nel basso ferrarese, la Società ne attuava rapidamente, e con i suoi soli mezzi, la bonifica idraulica, mediante la canalizzazione e il sollevamento meccanico delle acque: di tale operazione ingegneristica veniva a beneficiare un comprensorio di circa 51.800 ettari. Anche i conseguenti appoderamenti erano frutto di un imponente complesso di opere e ancor più di ingenti esborsi.


Santa Caterina (Arezzo), restauro de I granaiNel primo decennio i bilanci si chiusero l'uno dopo l'altro senza utili: un lasso di tempo sufficiente per prendere atto delle insuperabili difficoltà di ordine finanziario in campo. Neppure di aiuto potè essere la costituzione del Consorzio di Bonifica, dal momento che, prescritta dalla legge, la sua nascita ed entrata in attività, all'epoca, furono tenacemente osteggiate dagli altri proprietari del comprensorio prosciugato.
L'Assemblea del 16 settembre 1882 deliberò la liquidazione della Società e ne affidò l'esecuzione alla Banca di Torino, principale creditrice e in seguito anche unica azionista. Il past President Cesare Marchetti, all'atto di ricevere un premio alla carriera, ripeteva in un'intervista l'aneddoto Societario più noto, secondo il quale, arando i terreni della Società per la Bonifica dei Terreni Ferraresi, erano via via stati riportati alla luce moltissimi portafogli: tutti rigorosamente vuoti e certamente appartenenti ai fondatori della Società...
Iolanda di Savoja (Ferrara), giovani peri in fiore.In realtà, l'annunciata liquidazione non giunse mai a compimento e mentre il Consorzio di bonifica operava per le importanti opere di sua competenza, dopo 16 anni dalla costituzione in Torino, la liquidazione venne revocata e la Società ricostituita. Le problematiche della messa a reddito dei terreni prosciugati erano legate sia alla lunga tempistica impiegata nell'allontanamento delle acque, sia alla situazione di immaturità dei novelli terreni agrari, lenti a trasformarsi in tipologie via via più adatte alla coltivazione. Nel tempo, perciò, si susseguirono aumenti di capitale, acquisti e vendite: nel 1918, gli ettari di proprietà erano circa 16.000 . Tra questi certamente vi erano i 6.525 ettari costituenti il Tenimento di Iolanda di Savoia, paese sviluppatosi attorno all'omonima azienda, al centro dell'acquitrino bonificato.
Santa Caterina (Arezzo), frumento in crescitaNel 1919, l'azienda di Iolanda fu ampliata con l'acquisizionedel Tenimento di Mesola di circa 8.600 ettari, di cui gran parte costituiti dal celebre Boscone e varie Valli da pesca.
All'inizio del 1926, l'Amministratore delegato del momento, Gino Lisi, divenuto unico proprietario della maggioranza azionaria, assunse anche la presidenza della Società. Egli proseguiva un'ampia e intensa opera di bonifica e sistemazione agraria, ma accentuava anche l'indirizzo speculativo della gestione di tutto il gruppo sociale, con passaggi di pacchetti azionari tra le varie Società, scambi di coobbligazioni cambiarie nonché frequenti compravendite di terreni. Tra gli acquisti figurava, nel 1928, anche quello di 4.000 ettari circa, dal Comune di Comacchio, e cioè di valle Trebba, Ponti e Valle Isola, tenute che portavano la Società al possesso di 25.000 ettari. Mentre per effetto della rivalutazione monetaria del 1927 i prezzi dei terreni, del bestiame e dei prodotti agricoli erano in continuo progressivo ribasso, nel 1929 sopraggiungeva il tracollo in borsa delle azioni sociali, che causava perdite rilevanti alle Società collegate e il fallimento dell'Amministratore delegato, debitore di somme ingenti verso la Società stessa. Il passaggio al concordato preventivo di quest'ultima fu obbligato.
Sotto la presidenza del senatore Natale Prampolini, il nuovo Consiglio deliberò il passaggio della sede sociale da Torino a Roma, e con esso la fusione delle Società del gruppo in una unica compagine e l'aumento del capitale Sociale a 50 milioni di lire. La nuova amministrazione emise perciò azioni da 200 lire, sottoscritte per la quasi totalità dai maggiori creditori chirografari che convertirono in azioni il credito concordatario: principali tra essi, la Banca d'Italia e l'Istituto di Liquidazioni (poi I.R.I.) accollatario dei crediti di alcune banche.
A far data dal 1942, la Banca d'Italia, aggiungendo al proprio il pacchetto azionario dell' I.R.I., si assicurò definitivamente la maggioranza azionaria, destinandola alla Cassa Pensioni dei propri dipendenti. La sede legale fu confermata definitivamente in Roma. Il periodo bellico portò alla Società danni ingenti, ma non tali da intaccarne gravemente il patrimonio sociale. Il nuovo presidente, Leonardo Albertini, assieme all'amministratore delegato e direttore generale, Orfeo Marchetti, dal 1945 potè realizzare grandi cambiamenti: ulteriori lavori di bonifica, migliorie e appoderamenti, ma anche riattamenti di fabbricati, nuove piantagioni, programmi di miglioramento genetico degli animali e acquisti di quei mezzi meccanici che iniziavano a sostituire il lavoro animale.
Una modernizzazione necessaria, che tenne conto sempre del maggior possibile impiego di mano d'opera, nella consapevolezza della difficoltà di riuscire in tempi accettabili nella "bonifica" di una grave povertà largamente diffusa nella popolazione rurale. Una situazione, però, che amplificava le inevitabili problematiche della ricostruzione, con particolare riguardo a quei drammatici strascichi rancorosi di una guerra civile ancora non sufficientemente lontana. In tal clima turbolento, nel primo quindicennio del dopoguerra, l'amministratore Orfeo Marchetti operava oculati, ma anche necessari, trasferimenti di diversi dipendenti verso sedi periferiche; contemporaneamente il Prefetto gli assegnava più volte un servizio di scorta personale. In presenza di una compagine azionaria oramai stabile, una ulteriore svolta del sistema aziendale verso una più moderna organizzazione doveva subire ancora importanti sconvolgimenti. Un durissimo colpo veniva inferto alla compagine sociale con la legge 21 ottobre 1950 n.° 841 : la riforma fondiaria. In applicazione di questa, venivano espropriati a prezzo irrisorio buona parte dei terreni della Società situati nel Ferrarese e in Puglia, per oltre 15.000 ettari.
La proprietà terriera passava dai 27.800 ettari del 1947 ai 10.400 alla fine del 1954, dei quali 4.500 di valli da pesca e minori aree in Mesola, 4.000 del Tenimento Iolanda, dalle Tenute di Mirabello (Ferrara), S. Caterina (Arezzo) e San Pietro Vernotico (Brindisi): una composizione proprietaria assai simile a quella dei tempi più recenti. La Società, allora, possedeva inoltre uno stabilimento per la lavorazione del tabacco e uno vitivinicolo (Lecce) nonché un canapificio (Iolanda di Savoia).
Nel 1962, avvenute le dimissioni per pensionamento del presidente Leonardo Albertini, gli succedeva il Cavaliere del Lavoro Orfeo Marchetti. Quando venne meno improvvisamente nel 1967, egli era nel pieno di una battaglia come strenuo difensore del nucleo ultimo, esattamente quello attuale dei 4.000 ettari dell'Azienda di Iolanda di Savoia, in quel frangente nelle mire espropriative statali.
Il Presidente successivo fu Vittorio Ciarrocca, in carica dal 1967 al 1992, cui è subentrato Cesare Marchetti. Classe 1921, fu assunto nel 1949, e nel 1987 divenne direttore generale e consigliere, mentre, tra il 1992 e il 2004, anno in cui cessava l'attività dopo 55 anni dedicati alla Società, fu presidente e amministratore delegato. Egli ha affrontato e vissuto, nell'arco della sua vita, l'evoluzione di un'economia nazionale che passava da agricola a industriale, attraversando il fenomeno del calo occupazionale nelle campagne e l'iter dell'agricoltura verso un ruolo non più considerato strategico per buona parte del mondo politico e civile.
Alienate successivamente al 1998 la valle Nuova e Cantone, in tutto circa 2.000 ettari di specchio d'acqua dedicati alla pesca, nonché gli ultimi possedimenti in Puglia e cioè il tenimento vitivinicolo in San Pietro Vernotico (BR) di 500 ettari, la Società ha ricominciato a crescere con alcune acquisizioni volte ad aumentare la base produttiva della bella tenuta toscana di Santa Caterina presso Cortona, in Valdichiana. Da alcuni anni gli sforzi societari hanno trovato migliore razionalizzazione nella compilazione dei primi Piani Industriali triennali della nostra storia: tali strumenti, ritenuti essenziali dal consiglio d'amministrazione presieduto dal presidente Vincenzo Pontolillo, successore, dal 2004, di Cesare Marchetti, sono giudicati fondamentali per orientare le aziende della Società.
Le linee guida emergenti in questi strumenti di pianificazione privilegiano una più attenta considerazione per le sistemazioni fondiarie e le tecniche di irrigazione, ampi stoccaggi e impianti di condizionamento d'avanguardia finalizzati a un più efficace orientamento verso i mercati di riferimento, una frutticoltura moderna, una attenzione alla preservazione del patrimonio edile e in generale alla ricostituzione e ampliamento della capacità produttiva: è, quindi, in pieno rinnovamento l'importante ruolo dell'unica società italiana del settore agricolo dal 1947 quotata alla Borsa Valori di Milano.

Da Eugenio Bolognesi